di Simone Porpora
<<Chisto è pezzotto>>, frase che tutti i napoletani hanno sentito dire almeno una volta nella loro vita. Chi al mercato, chi alle bancarelle, chi addirittura nei negozi. A Napoli non esiste il falso, non esiste il contraffatto, l’imitazione, a Napoli esiste “O’ PEZZOTTO”, termine unico e intraducibile nell’italiano, se non con termini che si avvicinano ma non del tutto. Come tutte le parole di ogni lingua, però, prima di rientrare semanticamente nell’ambito del “falso”, il pezzotto ha avuto un’evoluzione semantica. Si tratta infatti di un termina antico, non è un caso che se si parla col nonno di “pezzotto”, il suo primo pensiero non va ad un falso, bensì alla parte superiore della camicia, la quale nei primi decenni del secolo scorso veniva, appunto, chiamata “Pezzotto”. Oppure ancora potrebbe rimandare all’ascialone, mensola utilizzata dai falegnami per tener ben saldi i pezzi di legno da lavorare, anch’essa conosciuta dai più anziani come “pezzotto”. Una parola “Pezzotto”, dunque, antica ma allo stesso tempo giovane, protagonista di un’evoluzione semantica avvenuta intorno agli anni ’70-’80.
Ma com’è avvenuto il cambio di significato? – Deriva dai ladri di automobili, i quali per cambiare i connotati alla macchina rubata, toglievano il telaio di ferro su cui all’epoca era scritta la targa e lo cambiavano con un altro pezzo, che essere distinto dal pezzo originale, veniva chiamato,appunto, “pezzotto”.