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di Vincenzo Vinciguerra
NAPOLI – Una’opera che fonde pittura e scultura, come summa di 50 anni vissuti per l’arte. E’ questa l’opera a cui Ferdinando Ambrosino affida la conclusione della sua mostra: una inedita struttura in legno rotante di quasi due metri. Domani alle ore 18 al Palazzo delle Arti di Napoli (via dei Mille, 60) il vernissage dell’antologica “Magia di icone mediterranee“. Un catalogo con testi critici di Ermanno Corsi, Nino D’Antonio e Aniello Montano accompagnerà la visita di 60 opere, 40 pitture e 20 sculture. Fino al 24 maggio l’esposizione sarà visitabile al primo piano del PAN. «Le opere esposte fanno riferimento specificamente agli anni tra 1955-1970, nei quali sembra prevalere l’amore per il paesaggio e le nature morte, agli anni 1971-1991, quando il figurativo paesaggistico sembra scarnificato, quasi consumato, a favore di forme e volumi prodotti da cirri di semplice materia cromatica, e agli anni 1991-2014, nei quali il nucleo centrale e veritativo della poetica di Ambrosino esplode nella sua più compiuta potenza e originalità», così in un passo del filosofo Montano.
UNA VITA PER L’ARTE – Classe 1938 e nativo di Bacoli, di cui sarà pure sindaco, Ambrosino si avvicina alla pittura in età giovanile, con risultati promettenti. Dopo la maturità classica, conseguita nel 1957, si iscrive al corso di laurea in Scienze geologiche presso l’Università di Napoli, interesse, quello per la geologia, che lo accompagnerà per diversi anni. Parallelamente, intensifica la sua attività pittorica e, dal 1959, inizia una serie di opere di grandi dimensioni, una delle quali premiata alla rassegna nazionale dei giovani pittori italiani di Napoli. E’ del 1967 la sua prima personale al Maschio Angioino di Napoli e da lì sarà un crescendo. Girerà il mondo, soprattutto l’America dove le sue Icone saranno apprezzatissime.
COLORI CALDI DELLA SUA TERRA – La sua arte risente delle sue origini flegree, i colori come il tufo giallo e il rosso dei tramonti. L’iniziale impronta figurativa, il cui naturalismo riconoscibile nelle vedute di Procida e della Corricella, cede lentamente il passo a forme sempre più smaterializzate, in cui i contorni cominciano a sfumare. La svolta avviene negli anni Novanta, i volumi di influenza cubista si dissolvono approdano all’informale. L’arte si fa introspettiva, riflessione sulla realtà, una realtà immaginata che prende vita nelle Icone.