di Vincenzo Martino
Si, perdere vincendo. È un paradosso, ma è quello che è successo al Napoli contro la Juventus nel ritorno della semifinale di Coppa Italia. Gli azzurri hanno vinto (3-2), ma non sono riusciti a raggiungere la finale, a causa del risultato dell’andata (1-3).
Tensione sbagliata
I calciatori del Napoli sono entrati in campo carichi come delle molle, ma sin dall’inizio le energie nervose sono state disperse in litigi, battibecchi e capannelli con i bianconeri. Purtroppo, i ragazzi di Sarri sono caduti nella trappola degli esperti bianconeri, bravi a spezzettare il gioco, e a far disperdere energie nervose ai loro avversari in sterili polemiche. E cosi il Napoli non è riuscito a trasmettere tutta la carica agonistica nel gioco, attraverso il pressing, il ritmo, la velocità. Forse inesperienza, forse bravura degli avversari, di certo si è visto un match molto diverso da quello di tre giorni prima in campionato. Basti pensare che i falli fischiati sono stati 33, e 9 i cartellini gialli comminati. Nella gara di campionato furono 20 (il 40% in meno), e 1 cartellino giallo. Numeri evidenti di due gare molto diverse dal punto di vista sia nervoso, che della condotta arbitrale.
A proposito di tattica
Da parte della Juventus, soprattutto nella prima frazione di gara, non c’è stato solo agonismo, ma anche tatticamente i bianconeri sono riusciti ad imbrigliare gli azzurri. Cuadrado sulla corsia destra di centrocampo non ha permesso a Ghoulam di salire con la solita naturalezza, e spesso lo ha preso alle spalle, costringendo tutta la difesa azzurra a scivolare sulla sua sinistra. Questo movimento facilitava gli inserimenti sia di Sturaro, che di Alex Sandro. Quest’ultimo ha tratto molto giovamento dalla posizione molto centrale di Callejon. L’effetto combinato appena descritto è stato quello di costringere Zielinski a restare in zone non pericolose, lontano dalla porta, e in un lavoro di copertura che non è lo stesso di quello assicurato da Allan. Allo stesso tempo, l’elastico continuo di Dybala tra la linea di attacco e quella di centrocampo, ha costretto Diawara ad agire molto più basso del solito. In uscita, poi, i bianconeri hanno spesso invitato il gioco sui centrali difensivi, bloccando le linee di passaggio sui centrocampisti, e rendendo la manovra azzurra meno fluida del solito.
Nel secondo tempo ai bianconeri non è riuscito il pressing offensivo del primo tempo, e il centrocampo azzurro è riuscito ad entrare maggiormente nel campo, con il risultato che tutta la prestazione della squadra ne ha beneficiato. Il possesso palla del Napoli è passato dal 57% al 63% tra un tempo e l’altro, e allo stesso tempo la precisione dei passaggi della Juventus è calata dall’84% al 76%. Come è calata anche la pericolosità degli ospiti. I tiri in area sono passati da 3 a 1; mentre quelli del Napoli da 4 a 6.
Cecchino con spazio
Il grande ex, fischiato dall’inizio alla fine, ha segnato due volte. Sul primo gol è evidente la poca pressione di Chiriches che permette ad Higuain di girarsi verso la porta troppo facilmente, e forse anche la poca reattività di Reina nel non riuscire a respingere una palla, che lenta, ma precisa si è infilata nell’angolino. Sul secondo gol sono, invece, evidenti i difetti della fase difensiva di squadra. In questa occasione, sullo scarico arretrato dal fondo, Higuain è riuscito a staccarsi dalla linea difensiva, e nessuno dei centrocampisti azzurri si è abbassato in copertura, mentre Chiriches è uscito in pressione troppo in ritardo. Probabilmente in quell’occasione Diawara avrebbe dovuto andare in copertura, e Chiriches doveva staccarsi prima dalla linea. Purtroppo questo tipo di letture, con palla che dal fondo viene scaricata indietro, è uno dei talloni d’Achille della fase difensiva azzurra. Molto spesso il Napoli soffre queste situazioni, dove la linea difensiva scappa verso la porta e quella mediana resta statica, come capitò ad esempio in occasione dell’azione di Perotti, che portò al gol di Strootman nel finale di Roma-Napoli, poco tempo fa. Bisogna migliorare lavorando.
Qualche numero
Il possesso palla come spesso accade è stato appannaggio del Napoli con il 60%. I tiri verso la porta sono stati 17 a 9, di cui ben 10 contro 4 in area di rigore. Diawara è cresciuto molto alla distanza con 108 passaggi e il 94% di precisione. Tanta personalità per il classe 97 azzurro, che si è vista tutta in alcune giocate davvero pregevoli; ma anche meno intensità di quella che mette Jorginho, molto più portato al giro palla e alla copertura preventiva, permettendo alla squadra di restare corta. Se invece si confrontano solo numericamente le prestazioni di Allan di domenica scorsa e di Zielinski in coppa, è evidente la difficoltà del centrocampo azzurro. Il brasiliano giocò solo 69 minuti, mettendo a segno 53 passaggi con il 93% di precisione; Zielinski, invece, pur giocando 13 minuti in più (82) ha inanellato praticamente lo stesso numero di passaggi (54) del brasiliano e con solo l’80% di precisione. Forse proprio questo è stato uno degli elementi negativi, soprattutto del primo tempo azzurro. Zielinski non è quasi mai riuscito a sfruttare lo spazio che Callejon spostandosi al centro gli apriva sull’esterno. Il duello fisico tra Alex Sandro e Callejon era appannaggio del brasiliano, forse per questo Callejon andava verso il centro. È probabile che Sarri volesse portare fuori posizione il brasiliano e dare ampiezza a Zielinski.
Conclusioni
Tante polemiche, tanti gesti, tanti fischi. Quel che resta della doppia semifinale, è l’amarezza del Napoli per la gara di andata. Obiettivamente era difficile passare il turno e ribaltare il 3 a 1 subito allo Stadium. Gli azzurri ci hanno provato, mettendo in mostra il solito bel calcio, e un gran senso di appartenenza alla maglia, difesa con orgoglio e con personalità. Bisogna ripartire da questo punto, e continuare sulla strada del bel gioco. Paragonare il Napoli all’Olanda, nel senso di bello ma perdente, è triste e riduttivo. Ogni sconfitta va analizzata in maniera dettagliata, e dalla cura degli errori commessi si può e si deve ripartire per un Napoli vincente.